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RICERCHE STORICO ARALDICHE BIOGRAFICHE SULLA CASATA CELERI

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IL NOME CELERI E LA SUA DERIVAZIONE.

Non ci sembra inutile aprire il nostro lavoro dando l’etimologia di quel nome col quale la Casata è conosciuta e meritatamente nota nella storia genealogica italiana.Essa desume, certamente, il proprio nome dal soprannome imposto ad uno dei suoi figli il cui ricordo sfuma nella notte dei tempi. Per comprendere ciò occorre richiamarci alle origini dei nostri cognomi. Essi entrarono nell'uso, quando nell'accresciuto sviluppo demografico, non fu più possibile riconoscere, dal solo nome battesimale; seguito paternità, individui di Stirpe diversa, non assunsero forma stabile e prettamente italiana che nel secolo XVI, rimanendo prima, legati alla grafia incerta degli scrivani che gli atti pubblici dirigevano, ed alla fonetica, anche sostanzialmente diversa dei nostri dialetti. Essi derivarono: o dal nome proprio di quel personaggio che la Casata considera come Capostipite; o dalla Terra d'origine, oppure, anche da qualche soprannome, l'uso del quali fu diffuso e comune nel Medio Evo. Infatti il nome più antico della Casata non è quello di CELERI, sibbene quello di FEDERICI, tolto dal nome proprio FEDERICO, dal francese Frédéric, dal latino Fridericus, Federicius, dal germanico Frideric, Fridurik Friderish, moderno Frederich (gotico Fritha-reiks) composto di Frid, moderno Friede, antico franco Fridu, "pace", "protezione," e Rich, Rik "potenza" - "forza": cioè "protettore potente" e secondo altri "ricco di pace" cioè "pacifico". Nome di molti Re e Imperatori germanici. Come e perché essa mutasse il proprio cognome è cosa improbabile in sede di ricerca storica, sibbene in quella di ricostruzione genealogica. Presumibilmente uno dei suoi figli, che staccandosi dal Ceppo della Valle Camonica e dell'Iseo, andò a fissarsi in Brescia, si Disse CELERE onde i CELERI. Il caso è frequente nelle Famiglie italiane. La comune agnazione delle due Casate è però chiaramente provata dall'identicità dello stemma.

 

L’ARMA DELLA CASATA E LA SUA SIMBOLICA INTERPRETAZIONE.

D'oro a tre bande scaccate d'argento e d'azzurro col capo dell'Impero.

ORO: è il più nobile metallo del blasone e simboleggia la forza, la fede la ricchezza il comando.

BANDA: rappresenta la tracolla del Cavaliere ed è pezza di primo ordine.

ARGENTO: simboleggia la purità, l'innocenza e la castità.

AZZURRO: significa giustizia, lealtà, buona fama, fortezza, nobiltà di natali.

AQUILA: simbolo della potenza e della vittoria.

 

CONSIDERAZIONI GENERALI.

Assodata così la derivazione del cognome e visto il valore simbolico dell'arma, abbiamo svolte attive e diligentissime indagini atte a far luce intorno alla casta e sulla scorta di quanto asserivano gli attuali rappresentanti di essa circa la loro provenienza dalla Val Camonica, abbiamo ivi iniziato il nostro lavoro spigolando scrupolosamente fra opere e stampa e carte manoscritte di archivi e biblioteche, né la nostra indagine si è arrestata alle sole opere araldiche e genealogiche, ma si è altresì estesa a tutte le storiche, generali e particolari, a tutte quelle della storia gloriosa della Chiesa cattolica sotto certi aspetti, vera miniera di nomi e di fatti, ed a quelle delle singole attività umane.Quindi, richiamandoci alle vicende politiche e più specialmente alle lotte di partito e di fazione, per cui spesso intere Stirpi furono indotte, a cercare fuori di Patria, pace o prosperità, abbiamo allargato il cerchio d’indagine alle rimanenti regioni della Penisola.

 

LE ORIGINI.

Le origini della Casata si perdono nel buio dei secoli medioevali confinano col mito, si identificano con la leggenda ed è assolutamente impossibile discernerle al lume della storia. Storici e genealogisti che di essa si sono occupati la dicono, concordemente, oriunda dalla Valle Camonica, ove era Signora, ad antiquo, di Torre Castelli, e ciò attesta, non solo la posizione sociale ma altresì quella economica. Nelle lotte di partito e di fazione che travagliarono la regione, come del resto tutte le altre terre della Penisola, la Casata tenne, certamente, dalla parte Ghibellina e partecipò con essa a tutte le vicende politiche fino dal secolo XIII, fondendo e confondendo colla propria storia particolare con quella di più ampio respiro della Patria. Nel 1288 insieme ai CELERI di Lovere ed alla Gente di Dalfo e di Montecchio, i nostri assalirono e massacrarono i Guelfi d'Iseo.Le vendette feroci e terribili che non risparmiavano nessuno apparrebbero senza giustificazione ai nostri occhi se non riflettessimo che esse sono frutto dei tempi e che nessuna accusa può essere mossa alla Famiglia che seguiva l'andazzo e le idee di quei tempi veramente di ferro e fuoco, di quel Medio Evo "carico d'oro, di strage e di paura" ove la vendetta e la morte sono nascoste all'angolo di ogni strada, ove sangue e distruzione sono parole d'ordine. Per quest'eccidio “Figli de Domo de Federici” venne fissata la taglia di L. 500 imperiali sul castello di Gorzone e solo più tardi per l'intervento di Matteo Visconti che aveva particolare simpatia per i figli di questa Famiglia a lui fedele furono risarciti i danni. Ma se i tempi passarono veloci; se le lotte parvero per un momento sopite ed acquietate, "ben presto esse risorsero feroci e terribili, e nel 1409 i nostri subirono altre e terribili confische per parte di Pandolfo Malatesta che si era reso allora Signore di Brescia. Nel 1415 la Valle tornò nuovamente tributaria ai Visconti sotto la garanzia del Conte di Carmagnola, Generale del Ducato di Milano, allora la Casata fu ammessa alla cittadinanza bresciana. Non ancora si parla di nobiltà ma è certo che la Famiglia ha già raggiunto un’altissima posizione sociale forse è già riconosciuta e ritenuta nobile.Per quanto le memorie siano molto più antiche, pure il vero capostipite di essa per genealogia accertata è riconosciuto BAYCLUS de Gorzone, vivente nel 1545 ed intorno al quale non ci rimangono notizie particolari e dettagliate. Sulla fine del secolo XV, la Famiglia passò nelle Terra di Eseno oggi Esino, sempre in Val Camonica, come resulta da un atto di notaro Antonio di Eseno ed ivi essa si stabilì e rimase nel suo ramo principale fino ai tempi moderni. Quivi i suoi figli ricoprirono le prime e le più alte cariche dello Stato, Consoli e Notari e parteciparono alla magistratura ed ai convocati di quel comune. Ebbero cariche e dignità conferite loro dalla Repubblica veneta e dai Duchi di Milano.

 

IL RAMO DI TREVISO.

Ramo diretto di questa Casa è quello che andò a fissare la propria sede in Treviso, infatti un GIOVANNOLO a causa delle fazioni Guelfe e Ghibelline che agitarono quella Valle nel 1379, se ne partì con un suo figliolo e venne nella sopradetta città. E' di questo ramo GEROLAMO, il quale voltosi agli studi ecclesiastici per vera e sentita vocazione, dopo essersi alla carriera preparato con studi severi e profonde meditazioni, vestì l'abito talare e venne ordinato sacerdote.Salì lentamente ma sicuramente la difficile scala ecclesiastica e giunse fino ai fastigi del Vescovato. Il Pontefice, Giulio III lo inviò infatti con tale consacrazione a Saoma in Corsica, e Gregorio XIII lo traslocò alla sede di Lodi, ove morì nel 1579. Chiamato a vivere in tempi difficilissimi, quando la Chiesa attraversava la dura lotta della Controriforma cattolica contro il dilagare dell'eresia Luterana che provenendo dal nord, aveva strappato dal retto credere molte anime, il nostro fu meraviglioso soldato prima, quindi gerarca di quell'esercito che innalza nel vessillo la Croce di Cristo. Alla Chiesa egli dedicò tutte le sue migliori energie e tutte le facoltà della sua mente e del suo cuore, si adoperò senza posa per strappare le anime al dubbio ed all'eresia. Già la battaglia poteva dirsi teoricamente vinta con la chiusura del Consiglio di Trento ma in pratica essa richiedeva ancora altre e molte sofferenze per giungere al trionfo. Il nostro Pastore visitò personalmente la Diocesi di Saoma, per rendersi conto dei bisogni della popolazione, parlò spesso dal pulpito e dall’altare con quella parola calda che sgorga dalla fede profondamente sentita e nutrita di solida cultura, portò il conforto della sua presenza dove erano il disordine, la miseria, l’abbandono; fu pronto ad indulgere, comprendere, perdonare tutte le umane debolezze, ma fu severo con sé stesso e col clero, che volle esempio di tutte le più alte morali virtù e degno emulo delle virtù proprie e caratteristiche del clero italiano in particolare. Il Ramo principale della Casata ebbe anche l'onore di potere accollare alla propria arma, l'aquila Imperiale. Merita speciale menzione LUIGI, il quale fu dotato dalla natura di particolare inclinazione per gli studi delle lettere e fu poeta e letterato di buona fama. Nato a Brescia nel 1540, si dedicò per desiderio del Padre agli studi della legge ed in essa si addottorò divenendo uno dei più grandi giureconsulti del suo tempo e della sua Patria. Fu primo dei fondatori dell'Accademia degli "Occulti" di Brescia e legò il suo nome ad alcune opere di giurisprudenza. Alcune "Satire" - "Della vera filosofia e delle leggi”. In sede di ricerca storica non possiamo assolutamente asserire se le altre Casate omonime fiorite in Italia, ad abtiquon abbiano, come la Lombarda, comune agnazione, come lo potrebbe far supporre l'identità del cognome e della posizione sociale ed in qualche caso lo stemma. Non possiamo però tacere di quel personaggio che dette tanto lustro al nome della Famiglia; CESARE, specialmente, nato a Venezia ma da Stirpe di antica agnazione lombarda. E del resto già abbiamo detto che la Casata della Val Camonica, ebbe anche privilegi di benemerenza dalla Serenissima Repubblica Veneta, sotto cui Brescia cadde. CESARE nacque nel secolo XVI. La sua Famiglia era dedita ai commerci ed egli per tradizione seguì le orme del Padre e fece per quel motivo una spedizione in Oriente, nel 1562. Per Cipro e Tripoli di Siria si condusse in Aleppo e di qui insieme con una carovana di mercanti Armeni si diresse al Golfo Persico con l’intenzione di navigare nelle Indie Orientali. Visitate Babilonia, Bagdad e Bazzora, si fermò alcun tempo in Horny allora centro principale del traffico fra l’Occidente e la Persia. Approdato poi in India vi percorse gli stabilimenti commerciali di recente fissati dai Portoghesi, raccogliendo preziose notizie, non solo su quanto formava oggetto dei suoi traffici, ma sulle condizioni, costumi ed abitudini di quei popoli. Fu a Veylan e di là a Sumatra, quindi si portò in Malacca, e caricata una nave di spezierie, volse al Perù ove risalì per circa 200 metri entro terra per andare a trafficare. Nel 1569 essendo riuscito a raccogliere molto danaro si dispose a rimpatriare ma varie disavventure lo ridussero a mal partito e gli fecero perdere quasi tutto quello che aveva guadagnato. Senza smarrirsi d'animo riprese il suo viaggio tornando una volta ancora, al Perù dove si trattenne fintanto che la sorte gli fu propizia e dove poté rifarsi diventando anzi più ricco di prima. Messosi quindi in cammino per ritornare per la via di Aleppo e Gerusalemme e Tripoli a Venezia, vi giunse nel 1581. Di questi viaggi il nostro ha lasciato una relazione delle più interessanti del suo tempo, ricchissima di notizie, rappresenta una fonte di prim'ordine e come tale fu ampiamente utilizzata nel secolo XVI e nel seguente è fresca e colorita prosa, sebbene naturalmente senza pretesa letteraria. Edita per la prima volta a Venezia nel 1587, fu tradotta l'anno dopo in Inglese ed ebbe ancora molte altre edizioni. Altri figli della Famiglia operarono, certamente, in Patria e fuori dei confini di essa sempre nell'interesse di lei, ma i nomi sono stati involati dal tempo che "spazza fin le rovine."Dal vecchio Tronco lungo il volger dei secoli e per il moltiplicarsi degli eredi andarono staccandosi rami collaterali cadetti i quali persero con esso ogni legame, fino a considerarsi altrettante Famiglie isolate. Dal Ramo che ebbe la cittadinanza bresciana si staccò quello che prese appunto il nome di CELERI, dal quale è discesa l'attuale Casata. Esso non partecipò alla vita pubblica ma visse nel ristretto cerchio delle mura domestiche intento solo al proprio incremento materiale e morale.Attesa l'antichità della Stirpe, tenuto conto della sua nobiltà e della sua importanza, come delle molteplici diramazioni, conseguenza della lunga vita della Casata, a far luce completa intorno ad essa, necessaria si renderebbe la ricostruzione genealogica, risalente di figlio in padre, dai viventi ai lontani trapassati e ricollegante fra loro i vari rami. Solo con tal mezzo gli attuali rappresentanti della Casata potrebbero eventualmente esser messi in grado di richiedere, con le opportune pratiche presso il R. Governo la reintegrazione in quei diritti ed in quei privilegi di cui goderono gli Avi.Così la Famiglia sarebbe certa di avere assolto al suo maggio dovere, d'Italianità, quello di tramandare integre ai posteri le memorie del passato additando loro numerosi esempi da seguire ed imitare.Come infatti operarono i padri nel ristretto cerchio delle mura cittadine o regionali, così da quell'esempio spinti opereranno i figli nel nome e per il bene dell'Italia che, dalla virtù delle singole Stirpi ha sempre tratto motivi di speranza ed auspici di grandezza avvenire.

 

ELENCO DELLE FONTI CONSULTATE.

  1. Giovan Battista di Crollanza - Dizionario storico blasonico italiano.

  2. Vittorio Spreti - Enciclopedia storico nobiliare italiana.

  3. Rivista del Collegio Araldico Italiano.

  4. Gaetano Moroni - Dizionario di erudizione storico ecclesiastica.

  5. Ferdinando Ughelli - Italia Sacra.

  6. Lorenzo Cardella - Memorie di Cardinali.

  7. Vincenzo Lancetti - Biografie cremonesi.

  8. Tommaso Porcacchi - Famiglie di Como.

  9. Donato Calvi - Scrittori bergamaschi.

  10. Filippo Argelati - Scrittori milanesi.

  11. Archivio storico lombardo.

  12. Gottardo Garollo - Dizionario biografico universale.

  13. Andrea Orlandi - Famiglie della Valsassina.

  14. Angelo De Gubernatis - Dizionario degli artisti viventi.

  15. Giuseppe De Robertis. - L'Italia o Diario critico degli italiani.

  16. Francesco Sansovino - Famiglie illustri d'Italia.

  17. Paolo Moriggia - Antichità Milanesi.

  18. Felice Calvi - Famiglie nobili di Milano.

 

 

   

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